Parla Fiorenzo Rossetti
funzionario di Protezione civile a Forlì-Cesena
“Erano già due settimane di operatività intensa dovuta al primo evento meteorologico. La sera del 16 ci trovavamo tutti nella nostra sala operativa al Centro unificato provinciale di Protezione Civile qui, a Forlì, e verso le 09:30 ci siamo resi conto di cosa stava accadendo. Sapevamo che il fiume Montone era in condizioni severe, ma a quell’ora l'acqua che aveva sormontato l'argine stava invadendo una parte della città e aveva raggiunto anche il nostro Centro, che si trova tutto sommato abbastanza distante.
La corrente elettrica è saltata, così abbiamo scelto per responsabilità -o forse “pazzia”- di abbandonarlo. Con i nostri mezzi abbiamo cercato di raggiungere un posto dove continuare il nostro lavoro. Non è stata una scelta facile.
Alcuni volontari sono rimasti bloccati dentro, per salvare i mezzi. Altri miei colleghi si sono diretti fuori, ma l'acqua raggiungeva già il mezzo metro, e c’era una bella corrente. Fortunatamente, l'automobile ha consentito a me e qualche mio collega di raggiungere un punto sicuro per la notte, sulla rampa della tangenziale, mentre per altri miei colleghi invece non c'è stata la stessa fortuna e sono rimasti con l'automobile che galleggiava in acqua.
"Ci siamo diretti nell'unico posto che ci veniva in mente, l’unico di Forlì che potesse essere asciutto: la Fiera."
In quel momento l'istinto è stato quello di far qualcosa per continuare l'attività che avevamo iniziato, cioè aiutare persone, in quel momento così drammatico. Così abbiamo raggiunto la Prefettura. Non sapevamo se neanche quello fosse un posto sicuro, perché l'acqua stava arrivando anche da quelle parti. Abbiamo pensato di dividerci: qualcuno è rimasto in Prefettura, insieme ad altre persone del Centro coordinamento soccorsi. Io e i miei colleghi invece ci siamo diretti nell'unico posto che ci veniva in mente, l’unico di Forlì che potesse essere asciutto: la Fiera. E lì, in qualche modo, abbiamo prima occupato i locali della biglietteria del palazzetto dello sport e poi aggregato persone e i soccorritori.
In quel momento tutti i soccorritori con mezzi acquatici stavano cercando di riuscire a garantire un'assistenza alla popolazione. Dirigere il volontariato, gestire i mezzi o i materiali che potevano servire. Ci siamo trovati a usare i telefoni di reperibilità, a smistare chiamate di sala operativa, con telefonate di ogni tipo, anche molto disperate, che riguardavano il recupero in emergenza di varie famiglie. Attimi drammatici, dove le persone venivano portate alla spicciolata, cittadini bagnati fradici. Bagnati esattamente come noi.
Abbiamo cercato, anche insieme ai primi volontari che in maniera eroica si sono uniti a noi, di supportare le persone che avevano bisogno, cercando provviste alimentari. Così è andata per diversi giorni, fino a far crescere tutta la macchina dei soccorsi - malgrado noi stessi dovevamo essere a nostra volta soccorsi, come le nostre famiglie, le nostre stesse case che avevano avuto allagamenti.
Non è stato facile, in quel momento, essere lucidi. Ma abbiamo messo da parte tutti i pensieri per concentrarci sugli aspetti più importanti: la grande urgenza che c'era; il bisogno delle persone di essere assistite; la necessità di intervento in tante, tante situazioni. E questo l'abbiamo fatto con lo spirito che ci ha sempre contraddistinto fino a qui.
Alla fine, questo centro di smistamento soccorsi a Forlì è arrivato a coordinare 700 persone: ha diretto persone e mezzi, raccolto materiali sulle emergenze che colpivano le città capoluogo di questa provincia e di tutta la collina e la montagna.
Soprattutto, abbiamo cercato anche di essere persone che facevano vedere ottimismo. Non siamo mai crollati: abbiamo cercato di non piangere mai, anche se in quel momento forse ci sarebbe stato il bisogno di liberarsi con qualche lacrima. Ma non l'abbiamo fatto, anche per rispetto dei volontari che ci hanno supportato in maniera incredibile. Dovevamo essere dei buoni pali ai quali asserragliarsi, per continuare a contrastare quella situazione e cercare di fare qualcosa in quei momenti, che ci hanno lasciato il segno e che sicuramente ci insegneranno a far cose nel futuro per migliorare”.