Trascrizione

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Ci sono storie così incredibili che possono essere soltanto il frutto della fantasia di una mente visionaria. Ma la realtà, lo sappiamo, ama superare l'immaginazione. La storia che stiamo per raccontarvi è una di queste, purtroppo.

[Marco Ravaglia]

Ci fermiamo a prendere un caffè a Longastrino e prendo come al solito due caffè e un Bacio (cioccolatino), che il Bacio poi lo davo a Valerio e dopo ci prendevamo in giro... Usciamo dal paese e sliding doors. Cosa dici? Guardiamo se ci sono dei pescatori sul Dominante -che è il nome di un canale-, o passiamo per il mezzano e guardiamo se c'è qualche addestratore abusivo? Andiamo per il mezzano.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

È l'otto aprile del 2017, due uomini, un assistente scelto dalla polizia provinciale di Ferrara e una guardia ecologica volontaria stanno finendo il turno. È stata una giornata tranquilla. Sono circa le 18:30 e uno dei due, si chiama Marco Ravaglia ed è sua la voce che avete sentito prima, telefona alla moglie: ‘facciamo un ultimo controllo, massimo mezz'ora, e sono a casa. Giuro che stasera sono puntuale’. La Fiat 16 su cui viaggiano costeggia le Valli del Mezzano, area protetta nel parco del Delta del Po. Gli unici suoni qui sono quelli della natura, nessuna casa, nessuna strada, nessuna macchina, più di 18 mila ettari di campi agricoli e steppa artificiale alternati da fossati, canali, barriere frangivento e qualche vecchio capanno disabitato da tempo. Manca 1 km alla fine del giro, dalla strada in lontananza si vede un palo; sopra c’è un nido con la sua cicogna, un po’ più distante. In basso i due uomini notano qualcosa di strano, un pick up bianco fermo. Girano e si avvicinano. Intravedono una persona di spalle vestita di verde che appena si accorge di essere seguita sale sul furgone e lentamente riparte con la speranza di farsi inghiottire dalla vegetazione più alta. Quando ritrovano il pick-up è di nuovo fermo, spento, non vedono più nessuno.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Io sono Carlo Lucarelli e questo è A fari spenti, il podcast della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione Emiliano-Romagnola per le vittime di reato. Ci sono storie che conosciamo tutti, purtroppo, perché riempiono le pagine dei giornali e i telegiornali per diversi mesi. Sono vicende tristi che, al di là del clamore mediatico, raccontano di persone che soffrono, donne, uomini e bambini, vittime o sopravvissuti a reati gravi che accadono qui, in Emilia-Romagna, o che coinvolgono all'estero cittadine e cittadini emiliano-romagnoli. Questo podcast parla di loro, ma a partire dal giorno dopo la tragedia, della loro forza, del coraggio e anche di coloro che le hanno aiutate da subito a ripartire. Sono le donne e gli uomini che lavorano nella Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato, quelle che intervengono quando si spengono le luci della cronaca e, a fari spenti, aiutano a rialzarsi e a ripartire. La seconda puntata di affari spenti è dedicata a Marco Ravaglia, vittima sopravvissuta a Norbert Fair, “Igor il russo”.

[Marco Ravaglia]

Sono alto 1 metro e 90 per 120 chili, per uscire da una Fiat 16 devo fare qualche manovra, infatti metto giù il primo piede, vado per uscire. Questa mano viene appoggiata sulla portiera, il primo proiettile mi entra nell'avambraccio e mi fa esplodere l’omero. In rapida succession, sento un pugno nella spalla, un morso nel collo e un pizzicotto nella schiena, mi trovo per terra.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

L'uomo a terra è l'agente della polizia provinciale Marco Ravaglia, il collega Valerio Verri è ancora in auto.

[Marco Ravaglia]

Sento il profumo della torba nel naso. Inebriante, fortissimo. Ma non capisco che cosa sia successo. Ho sentito uno sparo, mi trovo per terra, non mi muovo, non riesco ancora a capire che cosa è successo. Non mi capacito. Intanto che sono per terra, che non capisco, sento la porta della macchina che si apre. Io che penso: ‘Valerio, No, Valerio, no, Valerio. Valerio’. Ma Valerio esce e ‘boom…’. Ha sparato un altro colpo, uno solo a lui, ha sparato solamente un colpo. Poi non sento più niente. Il tempo si dilata. Sono passati in tutto due minuti, credo che non sia trascorso più tempo. Ho cominciato a fare un po’ fatica a respirare, i polmoni erano collassati, ma lo imparerò poi col tempo. Poi vedo che quest'ombra viene verso di me. Ho gli occhiali da sole ancora negli occhi. Con la coda dell'occhio riesco a vedere una persona vestita, con vestito da cacciatore come questo cappello in testa. E mi viene in mente, in quel momento lì, mi viene in mente: Igor il russo.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

La persona che ha appena sparato a Marco e Valerio è “Igor il russo” anche se non è russo, il suo vero nome è Norbert Feher, nato nel 1981 a Sobotica, in Serbia. Igor Il Russo, continuiamo a chiamarlo così, come lo chiamano tutti e come l'ha ribattezzato la stampa italiana, è un criminale-serial killer che da anni entra ed esce dal carcere. I suoi reati sono: rapina a mano armata, violenza sessuale, aggressione, fuga dalle autorità, detenzione illegale di armi da fuoco, tentato omicidio, omicidio. L'ultimo commesso pochi giorni prima in un bar della frazione Riccardina di Budrio, nel bolognese. Entrato con il viso coperto e col fucile in mano, Igor ha chiesto l'incasso al proprietario e poi l'ha ucciso con una pistola semiautomatica sottratta il 29 marzo a una guardia giurata.

[voce giornalista fuori campo]

La settimana prima aveva ucciso un'altra persona, non c'era il sospetto che potesse essere lui?

[Marco Ravaglia]

No, anche perché era stato a Budrio, per cui a 50 km di distanza, io ero in contatto anche con i carabinieri. Non è che abbiamo avuto l'allert di “potrebbero essere lì” Non hanno detto niente, mi avevano passato la foto segnaletica e l'avevo messa sul gruppo di Whatsapp e il comandante aveva commentato dicendo: ‘Se lo vedete girate al largo’.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Giornali, TV, web. In quei giorni non si parla d'altro. Racconti di ferocia e di mistero di un uomo crudele, scaltro e selvaggio, resistente. È del tutto capace di sparire di fronte alle forze speciali più preparate e poi ritornare sotto false identità. Poliglotta, un ninja esperto in arti marziali, tiro con l'arco, uso di armi da fuoco. Igor il russo è riuscito a scappare ancora e ancora una volta è tornato a nascondersi nelle grandi pianure del ferrarese, dove già era stato anni prima.

Era una sera di ottobre del 2010, infatti, quando Antonio Fiorentini, allora sindaco del Comune di Argenta, tornava a casa, era in cortile, appena sceso dall'auto.

[Antonio Fiorentini]

Eh …è stata una di quelle emozioni che non si scordano. È stato il 20 ottobre del 2010 quando tornando a casa ho aperto la portiera della macchina e mi sono trovato un monumento di 2 m di fronte alla portiera, con una palandrana verde, un casco integrale e, tra le altre cose, una mannaia proprio di quelle che si vedono nei film dei vichinghi che mi ha minacciato di dare tutto quello che avevo. Quello è stato l'impatto con Igor il Russo.

[voce giornalista fuori campo]

Parlava italiano?

[Antonio Fiorentini]

Parlava l'italiano… sì. L'accento era un accento dell'Est, però parlava l'italiano in modo chiaro, sì.

[voce giornalista fuori campo]

Cosa hai fatto, come hai reagito?

[Antonio Fiorentini]

Ho reagito come non credo neanch'io di aver reagito mai. Sono quelle cose da film, ovvero se dovessi pensare a una situazione del genere mi verrebbe da dire che mi sarei messo a correre, a urlare. Ecco. Al contrario, invece, nel momento nel quale mi ha detto di dare quello che avevo per le mani, quello che avevo in tasca, ho avuto la freddezza addirittura di dire che dovevamo fare presto e lo invitavo a venire in macchina con me in modo tale da poterlo portare al bancomat. Perché stavano arrivando 10 ospiti in casa e quindi era bene che andassimo via. Evidentemente in quel momento lì ho avuto la lucidità di proteggere la famiglia.

[voce giornalista fuori campo]

E l'hai portato a bancomat?

[Antonio Fiorentini]

No, no, la cosa si è risolta grazie al cielo in pochi minuti che sono sembrati un'eternità. E mi ha chiesto di dargli quello che avevo in tasca, in tasca avevo 50 €, glieli ho allungati e mi ha detto: “Stai fermo per qualche minuto”. In una frazione di secondo è sparito. Proprio, sparito del tutto. Detta così sembra che sia durata 30 secondi. Però, come dire, mi è sembrata una vita. Ero già nel giardino di casa e sentivo le urla dei figli festanti perché avevano sentito il babbo che era tornato. E quindi è chiaro che tutta la mia premura era quella di portarlo via il prima possibile, di mettere in sicurezza la famiglia. La cosa si è risolta in quel momento lì. Bene che, come ho detto, ho avuto una freddezza che anche in questo momento a raccontare non mi sembra che mi appartenga. L'altra cosa che mi ricordo è un orologio di valore. In quel momento lì ho allungato il portafoglio per far vedere che mi muovevo con calma. Ho fatto così …e poi e poi sono riuscito a fare così, per nascondere l'orologio, perché avevo paura che lo vedesse. Una freddezza che non mi è propria. Però in quel momento ho reagito in quel modo.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Ma torniamo al nostro racconto. Siamo nel mezzano, nei pressi di una di quelle strade sterrate, tra un campo e l'altro, dove passano i trattori una capezzagna, ci sono stati degli spari. C'è silenzio. Sono ormai le 18:45.

[Marco Ravaglia]

Viene verso di me con la pistola in mano. In una frazione di secondo ho preso una decisione, cosa faccio? Provavo a tirare fuori la mia pistola, ma non esce. Ho chiuso gli occhi, ho trattenuto il respiro, mi sono finto morto, è venuto da me con un piede, mi ha girato, mi ha girato la testa un paio di volte. Poi ho cominciato a togliermi di dosso la mia pistola. Aveva fretta, voleva scappare. Ovviamente mi dà del pezzo di ***** del ****** ** *******. Riesce a staccare la pistola e se la porta via, sale in macchina. La macchina, la mia, l'avevo posizionata bene, io sono lungo, cadendo, le mie gambe avevano occupato anche quel poco di spazio rimasto per passare.ma lui si ferma e non mi sormonta …avrebbe potuto sormontarmi le gambe con il suo veicolo. Non lo fa, scende, mi dice ancora del pezzo di ***** del ****** ** *******, mi prende per il cinturone e mi sposta. Sale in macchina e sento che parte a tutta velocità.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Marco è un omone, raccoglie tutte le forze che ha, riesce ad alzarsi, barcolla. ‘Valerio è ferito, pensa, devo cercare di arrivare sulla strada provinciale che collega Comacchio a Portomaggiore, stanno passando delle macchine, devo chiedere aiuto’. Ce la fa, passa un’auto, ma non si ferma, ne passa un'altra, si ferma. È una donna con le sue due bambine.

[Marco Ravaglia]

Era la Livia, la Livia del B2, che è un supermercato di Portomaggiore… adesso ancora ogni tanto mi devo fermare e ringraziarla per quel giorno…

Intanto che mi sdraio per terra mi chiamamia moglie, mi chiama per dirmi di non fare tardi. Rispondo, risponde questa ragazza: ‘Sono la Livia del B2, non so come dirtelo ma hanno sparato a Marco’. La prima cosa mi ricorderò sempre è che lei mi fa: ‘Se è uno dei tuoi soliti scherzi del piffero questa volta….’. Ma capisce che c'è qualcosa che non va. Dove sei? Sono nel Mezzano. Parte… quando arriva lei, ecco lì incomincio ad avere male e lì incomincio ad avere veramente male la pancia, era l'emorragia interna. Stava, mi stava, mi stavo procurando veramente, veramente veramente male. In quel momento ho avuto la sensazione non farcela. Paura di morire, un fortissimo dispiacere.

Di lasciarla da sola. Con tutti i nostri progetti.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Poco dopo arrivano anche i soccorsi, ma Valerio Verri è già morto. Marco Ramaglia, invece, è sopravvissuto. I proiettili che l'hanno colpito sono quattro. È gravemente ferito, viene trasportato all'ospedale Bufalini di Cesena con l’elisoccorso. Uscirà 5 mesi dopo.

[Marco Ravaglia]

La mia cartella clinica è in chilogrammi, è circa 10 chili. Grossomodo i danni sono stati l'esplosione dell'omero, la paralisi del plesso brachiale. Io ho il radiale che non ha sensibilità, queste due dita non le sento, quando mangio i cappelletti in brodo, mia moglie versa i cappelletti, poi fa un grandissimo urlo perché mi ha versato il brodo: “oddio oddio oddio scusa scusa scusa’. Ma di che cosa?

Il brodo bollente non lo sentivo, no, tuttora non lo sento, male al collo alle braccia dolori neuropatici perché chiaramente avendomi scompaginato tutto quello che è il piano dei nervi del plesso branchiale… Non digerisco, faccio fatica a mangiare qualsiasi cosa perché mi hanno sezionato, tolto, cucito dei pezzi di intestino, dei pezzi di colon, ma io ho ricominciato a camminare. Con una sorta di normalità, a luglio, anche perché ho dovuto tenere il collare. Questo collare rigido per via delle vertebre rotte l’ho tenuto fino a metà giugno. Poi me l'han tolto ma me lo toglievano solamente con il fisioterapista di fianco e abbiamo iniziato facendo proprio pochi passi, per cui è stato veramente un calvario.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Marco in questi anni è stato sottoposto a numerosi interventi chirurgici, non può più fare il lavoro che ha sempre amato, sua moglie per assisterlo non lavora. Quando gli abbiamo chiesto se può calcolare le spese sostenute finora, è scoppiato a ridere: ‘Meglio non pensarci, valà’. Ma quando gli abbiamo domandato se ripensa ancora quel pomeriggio, si è fatto serio e ha risposto: ‘Penso a Valerio e a quel criminale dalle 300 alle 400 volte al giorno’.

[voce giornalista fuori campo]

Quand'è che hai incontrato, hai conosciuto la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato?

[Marco Ravaglia]

Mi chiama un carissimo amico, uno di quelli con la A maiuscola. Mi chiama Andrea – che allora era vicesindaco-dicendomi: ‘Marco, hanno chiamato da una Fondazione da Bologna che vorrebbero darti dei soldi’. Io con un orgoglio grande come quel palazzo lì ho detto: ‘non ho mica bisogno di niente’. Poi parlando con Dennis, con il mio avvocato eccetera eccetera, mi dice: ‘Guarda che è una cosa seria’, e mi spiegano che cos'è la Fondazione. Mi informo, leggo. E allora ci mettiamo in contatto, io ero, ero veramente ribaltato a gambe all'aria, non sapevo da che parte ero, non ne volevo di niente di nessuno, pertanto ero veramente molto diffidente allora. Poi capisco, parlando con la direttrice della Fondazione, che era una cosa reale.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

La Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato accoglie l'istanza presentata dal sindaco del Comune di Portomaggiore in suo favore, visti i problemi fisici riportati in seguito alle ferite, a cui si aggiunge il danno economico subito per le spese mediche e il grave trauma psicologico di cui risente tuttora, nell'intento di alleviarne almeno in parte il peso.

[Marco Ravaglia]

È venuto anche Lucarelli, c'era anche lui, è così che ci siamo conosciuti. Mi ha fatto piacere incontrarli e conoscerli e ….niente. E da lì è nata è nata questa cosa e grazie al contributo che la Fondazione mi ha dato sono riuscito a rifare il bagno a misura per portatore di handicap.

[Carlo Lucarelli, voce narrante]

Marco Ravaglia, con l'aiuto economico della Fondazione, ha potuto costruire un bagno nuovo, adatto alle sue nuove esigenze, a una mobilità che non è più quella di prima. Non è una banalità, un bagno è la vita che ricomincia come una macchina riparata dopo un'aggressione, un percorso riabilitativo psicologico dopo una rapina, i mobili dell'appartamento dopo una violenza subita, un paio di occhiali nuovi. Non sono cose piccole, sono quelle che servono nell'immediato. Per ritrovare vita e autonomia. La Fondazione fa questo, siamo gli unici in Italia a farlo. Interveniamo su richiesta dei sindaci, lavorando insieme alle forze dell'ordine e ai centri antiviolenza e alla rete dei servizi sul territorio. Stanziamo fondi per progetti di vita nuovi.

[Marco Ravaglia]

Io faccio sempre questo ragionamento: la natura ci ha messo due occhi e ce li ha messi davanti e poi ci ha dato il collo. C'è un motivo. Bisogna sempre guardare avanti e il collo ci serve per chi riesce a voltarsi bene, io faccio fatica, il collo serve per voltarsi indietro e dire: ‘cavolo …. Però ne ho fatta di strada’...

[VOCE NARRANTE]

A fari spenti è un podcast realizzato dall'Agenzia di informazione comunicazione della Regione con la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reati. Scritto da Elisa Ravaglia, montaggio grafiche di Agata Matteucci, musiche di Godlesscomputers.