Trascrizione

Specialmente Pubblici Episodio 11 | Lorenzo Barusi – Procreazione assistita

L'Italia è da tempo il paese delle culle vuote e delle gravidanze tardive: da un lato non si fanno figli e dall'altro, quando li si fanno, spesso molto tardi da un punto di vista biologico. Le ragioni sono molteplici: difficoltà a conciliare i tempi del lavoro e della famiglia, problemi economici – la natalità dalla crisi del 2008 a oggi è diminuita del 70% –, ma anche l'instabilità delle carriere, la paura del futuro, i narcisismi e molto altro ancora. A volte però le culle sono vuote semplicemente perché chi desidera un figlio non può averlo. L'infertilità purtroppo è un problema reale e diffuso, che coinvolge ben il 15% delle coppie. In alcuni casi si può intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate. In altri, invece, è necessario ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.

Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo in avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.

Lorenzo Barusi, direttore Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Vaio – L'Italia è un Paese che ha una forte denatalità. Questo è un tema fondamentale. La procreazione assistita può contribuire a ridurre questa denatalità? Noi pensiamo che possa dare il proprio contributo.

Nell'Ospedale di Vaio di Fidenza, tra Parma e Piacenza, troviamo uno dei sei centri di procreazione medicalmente assistita della Regione Emilia-Romagna, a cui si rivolgono le coppie che si scoprono infertili. A dirigerlo è il professor Lorenzo Barusi, che è anche a capo della struttura complessa di Ostetricia e Ginecologia dello stesso ospedale.

Barusi – Si rivolgono a noi le coppie che hanno dei problemi riproduttivi, che cercano una gravidanza che non arriva. Queste vengono inviate specialmente dai consultori, dai medici di medicina generale oppure dai colleghi privati, ma anche molte arrivano a noi spontaneamente, con una specie di passaparola tra le coppie che hanno gli stessi problemi, e questo per me è un vanto, nella fattispecie significa che stiamo lavorando bene, che quindi le coppie che sono già venute da noi ci fanno una buona pubblicità.

Il centro di Vaio appartiene al servizio sanitario regionale. È una struttura pubblica, altamente specializzata, che vanta ottimi risultati.

Barusi – Da noi lavorano cinque colleghi – il sesto sono io, il più vecchio – che sono ovviamente ostetrici, ginecologi, ma che hanno una skill particolare, un'iperspecializzazione in questa materia. Nel mio percorso di studi era proprio l'indirizzo in fisiopatologia della riproduzione umana.

Il professor Barusi ha dedicato un'intera vita professionale alle coppie che desiderano essere genitori, ma non potrebbero diventarlo senza un aiuto specialistico. 34 anni di carriera che gli hanno consentito di vivere l'evoluzione del problema, ma anche lo sviluppo delle tecniche di assistenza alla riproduzione.

Barusi – Alla fine degli anni '80, inizio anni '90, era l'inizio, diciamo, in Italia, della fecondazione assistita, quindi venne istituito un centro nella Clinica ostetrica Universitaria di Parma che si chiamava CIR, Centro incapacità riproduttiva. Lungo la via Emilia, quindi nella Regione Emilia-Romagna, c'è proprio una specie di filo che collega tutte le città e in tutte le città ci sono centri pubblici, quindi forse è l'unica regione che ha veramente i centri pubblici.

Durante la mia vita professionale ho incontrato migliaia di coppie ormai, ricordo tanti episodi che posso citare, ma forse l'episodio più bello è quando non ho avuto successo. Una signora che mi ringraziò dicendo: “Io ho fatto cicli da voi, da lei. Non ho il bambino, ma mi sono trovata accolta, quindi io la devo ringraziare”. Io lì avevo capito che era il mio lavoro questo.

Il percorso di cura di chi si rivolge alla procreazione assistita è lungo e complesso, e fiducia e smarrimento si alternano.

Barusi – C'è una prima fase dove facciamo una presa in carico, che significa che parliamo con la paziente, facciamo l'anamnesi – anzi con la coppia, perché noi trattiamo solo coppie. Quindi facciamo l'anamnesi, ascoltiamo i loro bisogni e poi chiediamo una serie di esami che sono esami infettivologici, esami ematici, talvolta facciamo esami genetici e poi viene fatta un'ecografia ginecologica. Chiediamo sempre uno spermiogramma – che è un esame che va a valutare come è il liquido seminale del paziente, del marito – perché facciamo appunto questa valutazione complessiva. Dopodiché la paziente torna una seconda volta, la coppia torna con gli esami e definiamo la sterilità, di quale problema si tratta, quindi maschile, femminile, di coppia, genetico, qualsiasi. E quindi proponiamo un aiuto, che viene chiamato appunto procreazione medicalmente assistita.

È una valutazione importante, a cui partecipano molte figure professionali.

Barusi – Noi non lavoriamo da soli, lavoriamo anche con l'aiuto di alcuni colleghi: andrologi, urologi, se il problema è prettamente maschile – quindi legato al liquido seminale –, oppure anche di endocrinologi, se si tratta di problemi legati a disfunzioni della tiroide o dell'ipofisi per la prolattina, infettivologici, chirurghi, eccetera.

Quello dell'infertilità maschile è un fenomeno emergente. I dati diffusi dalla Società italiana di Andrologia evidenziano che la concentrazione di spermatozoi negli ultimi 40 anni si è praticamente dimezzata e nei prossimi 50 rischiamo di perdere anche l'altro 50%, avviandoci verso un destino irreversibile per la specie umana. In pratica, denunciano gli scienziati, vi è il serio pericolo che nel 2070 possa crollare la possibilità per gli uomini di generare figli se non verranno cambiati gli stili di vita e le condizioni ambientali, oltre ai comportamenti legati a un calo dei tassi di fertilità, come l'astinenza sessuale, sempre più diffusa tra i giovani, e l'aumento dell'età di concepimento. In ogni caso, a prescindere dai trend globali, per affrontare un'indagine dal cui verdetto dipende la futura felicità di essere genitori ci vuole un aiuto non solo tecnico-scientifico.

Barusi – Ovviamente questi percorsi sono percorsi anche stressanti, che mettono in gioco la stabilità della coppia, dell'io. Quindi abbiamo sempre il supporto degli psicologi della nostra azienda, che danno loro non una valutazione di tipo puramente psicologico. Io lo dico sempre alle persone che mi guardano un po' di traverso, perché dicono “ma io dello psicologo non ne ho tanto bisogno”: si tratta soltanto di dare degli strumenti di lettura della situazione in cui ti trovi. Questo è quello che noi diciamo, perché effettivamente i trattamenti possono essere stressanti.

La procreazione medicalmente assistita si avvale di diversi tipi di tecniche che comportano la manipolazione di ovociti, spermatozoi o embrioni. Queste metodiche, in base alla legge 40 che regola la fecondazione assistita, sono classificate in tecniche di primo, secondo e terzo livello, in funzione della complessità e del grado di invasività.

Barusi – Il nostro centro è un centro di terzo livello, che è il livello più alto e quello nel quale si fanno tutte le tecniche – anche biopsie del testicolo per cercare gli spermatozoi – e si trattano le complicanze, quindi alcune complicanze che sono legate ai cicli, quindi l'esagerazione della stimolazione che si chiama iper stimolazione ovarica, piuttosto che infezioni o piuttosto che perdite di sangue legate al prelievo degli ovociti. Quindi noi facciamo due tipi di tecniche principali, vuol dire: le tecniche in vivo e le tecniche in vitro, cioè intracorporee ed extracorporee.

La tecnica in vivo studia il timing dell'ovulazione, affidandosi al destino, o che gli spermatozoi possono non volerne sapere di collaborare.

Barusi – La tecnica in vivo, che è l'inseminazione intrauterina, è la tecnica più semplice, ripetibile, non ha lista di attesa. Si tratta di far ovulare la donna, quindi avere un timing preciso dell'ovulazione, e trasferire in quel momento il liquido seminale del marito o del compagno che viene trattato in laboratorio, cioè vengono presi solo gli spermatozoi attivi. Quindi il razionale è quello che arrivano più vicino possibile alle uova – o all'uovo – tutti gli spermatozoi utili, che normalmente in un rapporto spontaneo non accade, perché molti spermatozoi perdono la strada, tornano indietro, girano in tondo o muoiono.

E quando gli spermatozoi muoiono cosa succede? Ci si arrende?

Barusi – Se questa metodica non funziona, o non si può fare perché è legata a problemi più semplici, bisogna passare alla metodica in vitro, che è la fecondazione chiamata “in provetta”, anche se in realtà di provette non ne usiamo. I dati che siamo obbligati ad inviare all'Istituto Superiore di Sanità – questo per legge, la legge 40, quindi mandiamo tutti i cicli che facciamo, i numeri, ma anche le performance (quante gravidanze abbiamo ottenuto, quante gravidanze gemellari, quali complicazioni…) – ci dicono che lavoriamo a dei livelli alti nelle percentuali. Inoltre, ogni due anni siamo visitati da un organo regionale, da una Commissione regionale, insieme a una Commissione del Centro Nazionale Trapianti, che valuta oltre alle parti strutturali, tecnologiche, impiantistiche, anche tutte le nostre procedure, ad esempio la procedura sulla gestione degli allarmi, perché noi abbiamo appunto strumenti – incubatori – nei quali sono ubicati gli embrioni, per esempio, oppure una banca intera in azoto liquido di gameti, di blastocisti, di embrioni, quindi devono rimanere in omeostasi particolari e sempre allarmate.

La legge 40 che abbiamo già citato è del 2004 e stabilisce che possono accedere alla procreazione medicalmente assistita le coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi in età potenzialmente fertile e con una condizione di sterilità o infertilità inspiegata e accertata dal medico. Sulla natura particolarmente restrittiva della legge 40 del 2004 è intervenuta negli anni la Corte Costituzionale, le cui sentenze hanno permesso un'interpretazione più ampia e hanno aperto le porte a pratiche prima vietate, quali la crioconservazione degli embrioni e la fecondazione eterologa. Nonostante l'intervento della Corte, tuttavia, il dibattito in Parlamento è ancora in corso. In ogni caso, le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono ancora vietate ai single e alle coppie dello stesso sesso. Ed è tuttora illecita la fecondazione post mortem con spermatozoi di un marito o compagno deceduto.

Barusi – Forse è una materia che è tra le più regolamentate, perché non credo che ci siano altre branche della medicina che hanno una legge dedicata apposta per questa cosa, appunto, che è complessa. Nel nostro centro seguiamo anche altri percorsi per noi molto importanti. Siamo inseriti all'interno di alcuni PDTA aziendali, quello ad esempio della Breast Cancer Unit, cioè facciamo la crioconservazione per pazienti oncologici sia maschili che femminili, prima che questi siano inviati a fare chemioterapie o trattamenti radianti, oppure addirittura chirurgia demolitiva, per preservare la loro fertilità. Questo per noi è molto, molto, molto importante perché dà una speranza a chi effettivamente fino ad ora non poteva avercela. L'8 di maggio sono usciti i nuovi LEA sulla Gazzetta Ufficiale, quindi stiamo discutendo come applicarli perché ci sono delle considerazioni da fare in termini di costi, di conservazione degli embrioni, in termini di, diciamo, possibilità per il marito di opporsi al trasferimento dell'embrione quando la coppia si separa e la donna chiede di riprendersi e ritrasferire il proprio embrione, ma a un altro marito… Insomma, stiamo discutendo tanto e a breve anche in Regione avremo delle nuove indicazioni.

I centri pubblici dell'Emilia-Romagna che si occupano di procreazione assistita sono raggiunti da molte pazienti che arrivano da varie città d'Italia e anche dall'estero.

Barusi – Noi pensiamo di dare dei benefici ai nostri pazienti oggi. Cioè trovare un centro pubblico in un ospedale maneggevole – perché l'Ospedale di Vaio è un ospedale più piccolo, nel quale però ci sono tutte le specialità che si occupano di questi problemi – nella tua città, o che è situata poi alla fine nella parte più a nord della Regione – tenete conto che a Piacenza non ci sono centri pubblici – secondo me è un vantaggio, perché è più comodo da raggiungere. Tenete conto che il ciclo dura circa 15 giorni e le pazienti, molte devono andare in ufficio, devono andare a lavorare, devono gestire la famiglia, i genitori anziani. Quindi per me è molto importante. Devono fare più controlli perché, vi ho detto, ogni due o tre giorni c'è un controllo e quindi loro sono oberate appunto di trasferimenti. Quindi, per dire, chi si rivolge a centri in altre regioni, addirittura all'estero, deve prendersi un periodo di ferie o diventa complesso. Quindi, secondo me, è molto utile avercelo sotto casa, fra virgolette. Inoltre è un centro pubblico, quindi si paga un ticket minimo, perché è poco sopra il centinaio di euro, quindi molto poco, molto poco. Cerchiamo quindi di ridurre al massimo quello che si chiama il pendolarismo verso i centri di regioni limitrofe. Il nostro impegno è quello di implementare i cicli di fecondazione, cioè farne di più. Perché? Perché dobbiamo ridurre assolutamente le liste di attesa.

Che cos'è la sanità pubblica?

Barusi – La sanità pubblica è un diritto di tutti. È tutelato dalla Costituzione Italiana, è un sistema di valori che sono la nostra guida professionale.

Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.