Il megafono della notizia
Volontario, maestro di religione e musica alle elementari, la vocazione del giornalista. Durante l’alluvione, Mattia ha tenuto insieme la comunità di Modigliana fornendo a tutti il bene primario: le informazioni. Prima realizzando un router unico col suo numero per garantire la rete wi-fi, poi mettendosi in strada a urlare in un megafono ciò che stava succedendo, cosa bisognava e non bisognava fare. Megafono che nel trasloco ha portato con sé, perché non si sa mai
"Ore 23:50. Sto bene". Mattia risponde al fiume di messaggi che tutti d’un colpo gli arrivano su WhatsApp con quattro parole, quelle che bastano quando la domanda è una sola. Lo fa agganciandosi alla rete wi-fi della parrocchia di Modigliana, l’unico punto del paese in cui c’è connessione.
“Il 16 maggio, l’inizio del grande disastro. A ripensarci oggi, in effetti, quel giorno era partito subito in modo strano. Molto strano”.
La scuola di Bagnacavallo, dove Mattia è maestro elementare, come anche quelle di Faenza e di Modigliana, erano già chiuse a causa dell’allerta maltempo. Quella mattina, Mattia ne aveva approfittato per andare in giro con la macchina e vedere case in cui trasferirsi. Tornando indietro, sulla strada che da Faenza porta a Modigliana, aveva trovato il primo allagamento con i Vigili del fuoco al lavoro. “Sono riuscito a tornare a casa, ma alle cinque del pomeriggio è saltata la corrente. Verso le 18 è andata via qualsiasi connessione adsl, wi-fi, tutto. Funzionava la radio a pile ma non arrivava segnale, si sentivano solo le radio estere che trasmettono sulle onde lunghe, quelle in FM non arrivavano. Mi sono messo a leggere un libro su Aldo Moro a lume di candela, poi mi sono affacciato alla finestra; nel buio, tra la pioggia, due cavi elettrici facevano scintille. Dovevo andare a vedere la notizia”.
E proprio da quella stanza della parrocchia di Modigliana, di cui ha le chiavi perché da anni fa il volontario con i ragazzi, Mattia scopre che c’erano centinaia di suoi concittadini, conoscenti, parenti e amici che quella notizia, da lui, la aspettavano con ansia. C’era un pezzo di Romagna isolata.
“Sai, ho sempre avuto un po’ la vocazione del giornalista, quando ero bambino ritagliavo i giornali e attaccavo con la colla al muro gli articoli che mi interessavano, con le maledizioni dei miei genitori. E anche adesso questa mania di raccogliere informazioni è rimasta. Soprattutto con i giovani che conosco tramite il volontariato e che mi seguono molto sui social, anche durante la prima ondata dell’alluvione di inizio maggio e col Covid i miei profili social sono stati un punto di riferimento per i ragazzi”.
Mattia passa tutta la notte tra il 16 e il 17 maggio a rispondere alle domande di centinaia di persone: ‘A Faenza hanno detto di andare ai piani alti, sai per caso com’è la situazione in via Comerio? A Castel Bolognese? A Solarolo?’. La mattina presto va in centro, avevano allestito un punto di accoglienza, e informa che l’unico posto dove c’è connessione è la parrocchia. Dopo un’ora davanti al router della chiesa c’è una fila lunghissima di cittadine e cittadini, personale del Comune, l’ufficio tecnico, farmacisti che chiedono medicinali urgenti, Protezione civile.
“Saranno stati in trecento. Nessuno sapeva come gestire la cosa, ma più dispositivi si collegavano meno funzionava, e la connessione serviva per i soccorsi. Allora ho creato un unico hotspot con il mio numero con cui mandavo messaggi per tutti”.
Serviva, però, un modo per dare informazioni di base nelle case. A quel punto Mattia pensa al megafono, lo teneva in cantina, apparteneva al nonno. Si carica con gli accendisigari della macchina, funzionava. Lo lega al tettuccio e va in Comune per mettersi a disposizione.
“Come nella scena di Don Camillo e Peppone sono partito. Giravo piano per le vie e ripetevo sempre le stesse frasi: ‘Le strade sono interrotte, non uscite, non prendete la macchina, i distributori di benzina sono riservati solo ai mezzi di soccorso’, eccetera. Le persone si affacciavano alle finestre e mi ringraziavano, anche commossi. Ma non è che dicessi cose molto rassicuranti eh, e io poi non sono nessuno, però sì, ho avuto la riconferma che la comunicazione è importante”.
Dopo l’hotspot e il megafono, serviva altro, bisognava fare arrivare la situazione di Modigliana ai media, perché i giornalisti andavano solo nei comuni più grandi in quei giorni. Così Mattia accende la videocamera, racconta, e manda alle tv locali, il 18 maggio i suoi servizi da Modigliana vanno in onda sulle tv nazionali.
“Se ci ripenso oggi sono stato un po’ folle in quei giorni, ma quello che mi torna più in mente è il disperato bisogno di informazioni che avevamo. Ancora adesso ci sono persone che mi incontrano e mi dicono grazie per aver mandato anche solo un messaggio, anziani e giovani”.
Lo scorso gennaio a Modigliana sono state consegnate delle sciarpe bianche e azzurre ai cittadini che si sono distinti per l’impegno alla comunità. L’hanno data ai Vigili del fuoco, agli scout, alla Protezione civile, a lui no. “Ma non importa, il volontariato non si fa per il riconoscimento, si fa e basta”.
La vita di Mattia in questo anno è tornata quella di prima, continua a fare il volontario e il maestro di religione e musica alle scuole elementari di Bagnacavallo. Però la casa, quella mattina del 16 maggio, l’aveva trovata e da qualche mese si è trasferito a Faenza in un bell’appartamento, di un palazzo alluvionato del centro storico. Ha portato anche il megafono, non si sa mai.