Episodio 6 | Paolo Vacondio - Medicina palliativa
Non tutti sanno che c'è una medicina delle cattive notizie, che scende in campo quando le terapie non ci sono o non funzionano più. È il momento di cui abbiamo terrore, quello del “mi dispiace, non c'è più niente da fare”. Ma la buona notizia è che c'è una specializzazione che raccoglie quella parola: niente, niente da fare, e la esplode nei suoi mille aspetti e significati, per continuare a prendersi cura della persona malata e della sua famiglia. Stiamo parlando della medicina palliativa e queste sono le parole di Paolo Vacondio, responsabile della Rete locale di cure palliative dell'Asl di Modena. Il dottor Vacondio è anche autore di un libro indispensabile, intitolato “Sediamoci qui” (Editrice Incontri), che in meno di 200 pagine ci dice come affrontare un momento fondamentale della vita, come operatori, pazienti, familiari o cittadini. Sì, in questa puntata ci occupiamo della morte. Chi per pudore non usa questo vocabolo e ha bisogno di trovare sinonimi e circonlocuzioni, chi preferisce parlare d'altro, rimandare o rimuovere, farebbe bene a restare con noi.
Trascrizione
Specialmente Pubblici
Episodio 6 | Paolo Vacondio - Medicina palliativa
(lettura di una lettera)
Carissimi, vorrei rendervi partecipi di una delle giornate più belle, ricca di emozioni, ma anche più dolorosa e faticosa della mia vita: l'incontro di ieri con Kajad, l'oncologo. Se da una parte non mi ha per niente scosso, visto che il suo pensiero si allinea perfettamente al mio, cioè a quello di non accanirsi ulteriormente con terapie, dall'altra ha completamente destabilizzato i miei, i quali, probabilmente, speravano in qualche ultima parola magica o chissà, forse non avevano ancora avuto il tempo di assimilare l'idea che la medicina, in questo caso, si era data per sconfitta.
Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.
Avviso agli ascoltatori: in questa puntata ci occuperemo della morte. Chi per pudore non usa questo vocabolo e ha bisogno di trovare sinonimi e circonlocuzioni, chi preferisce parlare d'altro, rimandare o rimuovere, farebbe bene a restare con noi. Pochi sanno che c'è una medicina delle cattive notizie che scende in campo quando le terapie non ci sono o non funzionano più. È il momento di cui abbiamo terrore, quello del “mi dispiace, non c'è più niente da fare”. Ma la buona notizia è che c'è una specializzazione che raccoglie quella parola: niente, niente da fare. E la esplode nei suoi mille aspetti e significati, per continuare a prendersi cura della persona malata e della sua famiglia. Stiamo parlando della medicina palliativa.
Paolo Vacondio, responsabile Rete provinciale cure palliative Asl Modena - Siamo, almeno dal dopoguerra in poi, in una società che esprime una profonda tanatofobia, dove abbattuti tanti tabù – il tabù del sesso, i tabù politici, i tabù religiosi… – li abbiamo abbattuti un po' tutti, ma il tabù della morte sembra reggere molto bene. E quindi siamo una società in cui l'importante è non parlare della malattia che mi può far soffrire e morire, perché questa realtà è bene tenerla celata, nascosta, messa in quell'angolo del mio campo visivo che mi permette di non accorgermi che esiste.
Il dottor Paolo Vacondio è responsabile della Rete locale di cure palliative dell'Asl di Modena ed è autore di un libro indispensabile, uno di quei libri che dovremmo leggere tutti. Il titolo è: “Sediamoci qui”, editrice Incontri. Poco meno di 200 pagine per imparare ad affrontare un momento fondamentale della vita, come operatori, come pazienti, come familiari o cittadini.
Vacondio - Uno dei principali ostacoli è il clima culturale nel quale viviamo. Cioè, in qualche modo, ci hanno un po' insegnato che l'unico modo per difendermi dall'angoscia di morte è pensare che non esista. Peccato che questo castello di carte crolla miserabilmente ogni volta che io mi avvicino a questa realtà, che è una realtà della quale tutti noi nella nostra vita facciamo inevitabilmente esperienza. E quindi quando ci ritroviamo lì rischiamo davvero di essere nudi e scoperti e indifesi, perché l'unica difesa a cui ci eravamo appesi era che questa morte non esistesse. E guardate che la rinforziamo tanto, questa convinzione. Pensate a tutto il movimento del giovanilismo, del non invecchiare mai, dell'essere performanti sempre e comunque. Pensate, non so, al successo del viagra, ad esempio, è uno, secondo me, dei segnali che la nostra società attesta rispetto a questo essere performanti sempre comunque.
Attribuire al medico un potere magico ci rassicura e ci deresponsabilizza, ma quando il medico non può guarire, dovrebbe dismettere gli abiti da stregone e interrogarsi sul significato del suo agire. Siamo portati a pensare che la medicina ci possa sempre guarire, a meno non si compiano errori. Le persone che non possono guarire hanno bisogno di altre cure. Come scrive il dottor Vacondio, hanno bisogno di équipe che si concentrino non sull'organo malato o sugli esami del sangue, ma sulla persona e sulla famiglia. Qui non si parla più di anamnesi, ma di storia di vita.
Vacondio - Le cure palliative sono comprese nei LEA, livelli essenziali di assistenza. Cioè, non stiamo parlando di niente di straordinario, eccezionale, sperimentale. No: stiamo parlando di un'assistenza che è prevista nei livelli essenziali di assistenza. Poi tutti quanti sappiamo che nella nostra nazione l'assistenza ha una forte caratterizzazione regionale e quindi la Regione Emilia-Romagna ha interpretato questo mandato ministeriale cercando di garantire le cure palliative così come la Legge 38 del 2010 prescrive.
E lo ha fatto potendo contare su un'esperienza iniziata molto prima: è dal 1994 che la sanità regionale lavora su questi temi, anticipando di oltre 15 anni la legge nazionale. Dal 2015 questo impegno è diventato un sistema. La Regione ha voluto che ogni Asl territoriale si attrezzasse con la propria rete di cure palliative, composta da quattro nodi: l'ospedale, l'ambulatorio, il domicilio e l'hospice.
Vacondio - Io posso incontrare un palliativista insieme a un'infermiera, a volte accompagnati da una psicologa, mentre sono ricoverato in ospedale. Questo è il nodo ospedale, la consulenza di cure palliative portata alle persone ricoverate. In quella consulenza si incontra sempre la persona ammalata, si incontrano i suoi familiari, e insieme all'equipe dell'ospedale si ragiona su un progetto di cura, cioè su un passaggio a uno dei nodi delle cure palliative. E poi, appunto, dopo si può passare all'essere curati. Se sono ancora abbastanza performante, essere curato con un programma ambulatoriale, cioè riesco a spostarmi bene, a raggiungere l'ambulatorio e in ambulatorio trovo una consulenza che mi aiuta ad affrontare i sintomi che mi disturbano di più, che mi accompagna nelle scelte di cura e quindi essere seguito per mesi con visite programmate in ambulatorio. Questa è l'attività del nodo ambulatorio. Oppure se le mie condizioni necessitano di maggiore assistenza, mi può venire proposta la cura a domicilio, le cure palliative domiciliari.
Questa è la risposta che la Regione Emilia-Romagna ha dato alla legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore, coerente con la definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Vacondio - Mi permetto una riflessione personale: mi è capitato più volte di ascoltare proprio le testimonianze, spesso di familiari, rispetto a persone che abbiamo assistito, questi familiari che alla fine ci dicevano che non avevano idea che la sanità pubblica potesse offrire questo tipo di assistenza e di servizi. Lo stile di accudimento che hanno sperimentato, l'attenzione, la disponibilità, l'ascolto, ecco, non lo consideravano qualcosa di presente nel Servizio Sanitario Nazionale. E quindi erano piacevolmente stupiti di questa realtà. Spesso lo hanno attestato proprio con parole scritte, quindi con segnalazioni positive alle nostre URP, a volte con donazioni proprio anche di piccole somme di denaro, per testimoniare più che il gradimento direi la gratitudine per l'esperienza vissuta.
La rete locale di cure palliative del sistema della Asl di Modena è una vera eccellenza. Non è molto conosciuta, il tema non fa audience, diciamo, ma chi entra in contatto con l'equipe del dottor Vacondio, difficilmente dimentica le persone che ha incontrato lungo questo percorso.
Vacondio - Siamo divisi in sette distretti, quindi ogni 100.000 abitanti esiste un nucleo che chiamiamo proprio Unità di cure palliative domiciliari, dove almeno un palliativista, uno psicologo, da due a quattro medici di medicina generale esperti in cure palliative, si riuniscono insieme a da 4 a 10 infermieri, a seconda delle dimensioni del distretto, esperti in cure palliative, si riuniscono almeno una volta alla settimana come équipe per organizzarsi e distribuirsi il lavoro nelle case. È quindi questa assistenza che ha l'obiettivo di migliorare la qualità della vita della persona ammalata e del nucleo di persone che la circonda. E quindi si tratta certo di cure farmacologiche, ecco, vorrei precisare bene: non si tratta di cure alternative, non stiamo parlando di qualcosa che è fuori dalla medicina ufficiale, ma si tratta di cure che riconoscono completamente tutti i principi biochimici di utilizzo dei farmaci, della medicina tradizionale, ufficiale, che tutti conosciamo.
Il principio fondante è che l'approccio di cura deve essere globale: non un singolo professionista, ma un'équipe multiprofessionale. Inoltre, deve essere una medicina non di attesa ma proattiva, capace di intervenire prima che il sintomo si manifesti.
Vacondio - Un'altra caratteristica delle cure palliative, mi permetto di dirlo, è quella di essere, rispetto ad altri interventi della medicina, dei sistemi di cura, essere meno invasiva, meno – uso questa parola, poi qualcuno può anche contestarla – meno arrogante. Cioè abbiamo imparato che quando ci approcciamo a queste fasi della malattia e quando non abbiamo strumenti per guarire le persone, è più adeguato muoversi un pochino a piedi scalzi. È adeguato muoversi facendo meno rumore, imponendo meno il nostro punto di vista, ma costruendo degli obiettivi di cura insieme alle persone ammalate, in un dialogo continuo con le persone ammalate e con il loro contesto di familiari o comunque persone significative che sono intorno a loro.
Chi, come il dottor Vacondio, ha dedicato un intero percorso professionale ad esplorare il lembo estremo della vita, ha raccolto molti insegnamenti sul campo, per nulla scontati.
Vacondio - Abbiamo imparato che questo muoverci in silenzio, questo chiedere il permesso, e nelle cure domiciliari questo lo si impara molto bene, perché noi possiamo solo suonare il campanello e qualcuno ci deve aprire la porta. Non abbiamo il potere di decidere noi, come in ospedale, gli orari in cui una persona si deve svegliare, quando noi gli rifacciamo il letto, quando gli diamo le medicine. Ma a casa ci dobbiamo muovere in un contesto in cui è qualcun altro, è padrone del luogo, non noi. E noi siamo ospiti di quel luogo. È una medicina un po' scalza, una medicina meno impattante, meno arrogante.
Essere curati a casa anche fino alla fine della nostra vita è una possibilità molto importante, ma è anche una scelta.
Vacondio - Viviamo in una società in cui questa possibilità di stare a casa per una certa fetta di noi, non è possibile. Viviamo in una società in cui i nuclei familiari sono sempre più piccoli, dove le persone che vivono sole sono sempre di più, e quindi questo tipo di percorsi a volte si scontra proprio con una impossibilità di organizzare un'assistenza adeguata a domicilio. E quindi l'ultimo, il quarto nodo delle cure palliative è il nodo residenziale, cioè l'hospice.
Gli operatori degli hospice condividono la consapevolezza di quello che i loro assistiti stanno vivendo.
Vacondio - Il trovare operatori che hanno consapevolezza di quello che i loro assistiti stanno vivendo e avendo consapevolezza della delicatezza di questo momento, dell'importanza, aggiungo una parola, della sacralità dell'ultimo tempo, dell'ultimo giro di giostra, insomma... Avendo consapevolezza di questo si muovono in quello spazio, in quel tempo, rendendo un po' testimonianza del valore di quel tempo, del valore delle persone che stanno vivendo questa esperienza. E quindi cercano di generare le condizioni per cui queste persone si sentano un po' meglio in un'esperienza che rimane spesso, quasi sempre, un'esperienza dove il dolore è presente, dove la sofferenza profonda della fine della vita, del distacco, è presente, ma che può essere considerata vivibile comunque. Non intollerabile, non disperante, non disumana, ecco, ma anzi una parte importante della nostra esperienza di persone, quindi dell'esperienza umana.
E l'angoscia? Come si contrasta l'angoscia? Qual è l'intervento più indicato?
Vacondio - L'intervento più efficace sull'angoscia è proprio quello di osservare che ho persone intorno a me che non si spaventano perché io sto morendo. Ecco, se qualcuno sta e non scappa vicino a me in questa esperienza, questo la rende vivibile. Questo è un punto centrale dell'assistenza in hospice.
Tutto questo nella sanità pubblica, nel Servizio sanitario regionale. Scrive il dottor Vacondio: “una medicina che sa riconoscere la sacralità della vita e della morte sufficientemente umile per accettare che il nascere e il morire vanno ben oltre le nostre possibilità di controllo, ma anche sufficientemente coraggiosa per non ritirarsi e continuare a offrire la propria opera competente anche di fronte alle situazioni più difficili e alle scelte più sfidanti”.
Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.